Dal sogno al file Excel: l’imprenditorialità spiegata ai giovani
Negli ultimi anni si è molto parlato di soft skills. Le celebri competenze trasversali, quelle che dovrebbero salvare il mondo del lavoro, sembrano essere diventate l’ossessione di recruiter, HR e formatori. Saper comunicare, essere empatici, collaborativi, creativi… ormai sembra che basti sorridere al momento giusto e il futuro sia assicurato.
Peccato che non sia così.
Non fraintendetemi: le soft skills sono importanti, ma da sole non bastano. La retorica delle soft skills rischia di illudere i giovani: si parla tanto di “spirito di squadra” e “resilienza”, mentre intanto la capacità di leggere un bilancio, padroneggiare Excel o scrivere un business plan rimane relegata in secondo piano.
E non va meglio se guardiamo al feticcio dei recruiter: il curriculum vitae. Qualche giorno fa, scorrendo LinkedIn, mi sono imbattuto nell’ennesimo post (centinaia di like e commenti, ça va sans dire) sul tema dell’attualità o inattualità del CV europeo. Un dibattito che ricordo di aver affrontato più di vent’anni fa e che continua a riciclarsi come se fosse una scoperta. Intanto, nel frattempo, tutta l’Europa ha spostato il baricentro su ciò che davvero conta: le competenze possedute, non come le trascrivi su un foglio. Il CV potrebbe essere scritto a mano, non cambierebbe nulla. Eppure i recruiter, che da quel sistema dipendono, continuano a vendercelo come se fosse la chiave di volta per trovare lavoro.
Iniziativa, coraggio, imprenditorialità
Il futuro dei giovani non si costruisce soltanto con i buoni propositi o con i mantra motivazionali. Si costruisce con il coraggio di provarci, con la disponibilità al sacrificio e con l’ambizione sana di voler incidere.
- Significa pensare a una start up.
- Significa provare a mettersi in proprio.
- Significa considerare l’autoimpiego come alternativa reale e non di ripiego.
E soprattutto, significa imparare a pianificare.
Dal sogno al piano
Un business plan non è una raccolta di frasi ispirazionali: è analisi di mercato, numeri, previsioni economiche. È lo strumento che ti permette di capire se la tua idea ha le gambe per camminare o resterà un esercizio di creatività.
Lo dice bene Reid Hoffman, fondatore di LinkedIn, nel libro The Start-up of You: l’intraprendenza non riguarda solo la creazione di un’impresa, riguarda la costruzione della propria carriera. Ognuno di noi dovrebbe considerarsi come una start up in continuo sviluppo, pronta a reinventarsi, a cogliere opportunità, a pianificare la crescita.
E pianificare significa sporcare le mani con strumenti concreti, non limitarsi alla vision.
Hard skills: la vera chiave
Alla fine, tutto torna lì: nelle competenze dure. Quelle che ti permettono di dare sostanza alle idee. Perché un business plan non è “motivazione + mission + ce la farò”. Un business plan è saper usare bene Excel, saper leggere i numeri, saper calcolare margini, costi, investimenti.
Chi pensa che l’imprenditorialità sia solo creatività e passione dimentica che senza strumenti e metodo si rimane fermi alla fase del sogno.
Per avere successo occorre saper superare il ponte che separa le campagne immaginarie della fantasia dalle messi positive dell’azione, diceva qualcuno, ed è su quel ponte che si gioca il futuro.
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