Il tempo, il coaching e l’arte di diventare ciò che si è
È curioso che Paul Fraisse, noto al mondo come l’autore di una delle 7 leggi del time management, fosse stato – prima ancora che psicologo – un teologo.
La sua legge, che in pratica afferma che il tempo scorre più veloce quando ci dedichiamo a ciò che amiamo e invece rallenta quando siamo costretti a fare ciò che ci annoia, ha un legame profondo con la dimensione spirituale.
Viene da chiedersi se, oltre alle sperimentazioni cliniche, la sua intuizione non sia nata proprio dalla rilettura dei testi sacri.
I greci antichi avevano più parole per descrivere il tempo. Le più note sono Chronos e Kairos:
- Chronos indica il tempo che scorre, il ticchettio dei minuti.
- Kairos, invece, rappresenta il momento propizio, l’attimo da cogliere, l’opportunità irripetibile.
Forse Fraisse si è ispirato proprio a quel passo del Vangelo di Marco (1,15), in cui Gesù annuncia che “il tempo è compiuto” e utilizza il termine Kairos per indicare che ogni persona può scegliere: seguirlo oppure no.
Kairos è il momento della decisione, l’orizzonte nel quale possiamo costruire il nostro destino.
Fare coincidere questi concetti è azzardato, ma non è affascinante pensare che il tempo giusto è quello in cui incontriamo il nostro destino?
E che, se riusciamo a trovarlo, tutto il resto – il tempo della nostra vita – scorrerà in modo più leggero e pieno di senso?
Trasferendo questo pensiero nella sfera professionale, viene spontaneo chiedersi: se troviamo il lavoro che ci appassiona, lavoreremo davvero un solo giorno nella nostra vita?
Coaching e tempo: oltre la retorica delle “domande potenti”
Il passaggio è sottile, ma irresistibile: come non trasporre queste riflessioni nelle questioni – apparentemente più aride – del coaching?
Che cos’è il coaching se non un insieme di strumenti e tecniche per dare vita al nostro potenziale, raggiungere i nostri obiettivi e allineare le diverse dimensioni di vita e lavoro?
E non si comincia forse proprio dal tempo, dal nostro modo di viverlo e percepirlo?
Oggi molti life coach amano parlare di “domande potenti”.
Ma quante volte queste domande diventano slogan, una retorica confezionata per fare presa e per dare valore – anche economico – a una consulenza?
La verità è che le domande davvero potenti non hanno nulla di spettacolare: servono a portarci in ascolto della nostra natura più intima, nel silenzio della coscienza.
È lì che, se siamo fortunati, potremo sentire quelle parole che possono trasformare la nostra vita.
Leadership: essere guida senza smettere di essere sé stessi
Parliamo spesso di leadership.
Ma il leader che ci ispira non è forse una persona centrata, generosa, capace di guardare oltre sé stessa per accompagnare gli altri verso uno scopo più grande?
Il leader autentico è colui che incarna valori nei quali ci riconosciamo, qualcuno che ha imparato a coltivare la propria inclinazione naturale fino a farne la sua forza distintiva.
Il coaching dovrebbe lavorare proprio su questo: aiutare ogni coachee a ritrovare la propria centratura, la propria dote innata, il talento che magari ha dimenticato.
Churchill, in un celebre discorso, disse:
“Avremmo potuto addestrare i cavalli per arrampicarsi sugli alberi, ma alla fine abbiamo preferito gli scoiattoli.”
Il senso è evidente: perché faticare a diventare ciò che non siamo, quando possiamo ottenere molto di più valorizzando ciò che siamo davvero?
Less is more: il coaching che libera, non che aggiunge
Il lavoro di coaching non è un accumulare tecniche e task in una to-do list sempre più fitta.
Al contrario, è un processo di sottrazione.
Significa togliere tutto ciò che impedisce alla persona di essere se stessa, di riconnettersi con la sua essenza.
Il potenziale non va “aggiunto” dall’esterno: esiste già. Va solo riscoperto, liberato, allenato.
In questo senso, “less is more” è una filosofia di coaching efficace: non fare migliaia di cose, ma poche, con intenzione e qualità.
Il Flow come bussola
E quali sono le prime cose da fare per innescare questo ciclo virtuoso?
Proprio quelle di cui parlava Fraisse: attività in cui ci perdiamo, che ci mettono nel flusso.
È il concetto di Flow, di Mihaly Csikszentmihalyi: quello stato in cui l’energia scorre, l’attenzione è totale, e il tempo sembra sospendersi.
Se osserviamo quei momenti di “flusso” nella nostra vita – siano essi compiti, relazioni, progetti – possiamo scorgere i segnali di una vocazione autentica.
Sono quelli i semi su cui lavorare, con impegno e fiducia, per diventare ciò che siamo davvero.
E forse, se impariamo a riconoscerli, riusciremo a cogliere il nostro Kairos, il tempo propizio che ci invita a vivere in piena coerenza con ciò che siamo davvero.
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