Outdoor training: esperienze che lasciano il segno
Ogni volta che si pronuncia la parola outdoor in azienda, qualcuno alza gli occhi al cielo, qualcun altro sorride pensando a una gita pagata e poi c’è chi sospira: “ma a che serve!?”
Il dibattito sull’efficacia della formazione outdoor è sempre acceso. Ma al di là delle opinioni, c’è una domanda che merita attenzione: l’outdoor training funziona davvero?
La risposta breve è: sì, se viene fatto con metodo e competenza.
Quella più articolata? Ve la proponiamo qui di seguito.
Oltre la scrivania: quando la formazione prende aria
Negli ultimi anni le esperienze outdoor si sono ritagliate un posto importante tra le proposte formative aziendali. Non si tratta di un’escursione con giustificazione, ma di veri e propri percorsi di apprendimento esperienziale. Quando progettati con cura, aiutano le persone a riscoprire dinamiche relazionali autentiche, ad allenare capacità trasversali e a rafforzare i legami all’interno dei team.
L’ambiente naturale diventa un “terreno neutro”, dove i ruoli formali sfumano e ciò che emerge è la qualità della collaborazione reale, la capacità di ascolto, la fiducia reciproca, l’adattabilità. In una parola: competenze vive.
Perché allora, a volte, si resta delusi?
È una domanda legittima. Ma prima di archiviare l’outdoor come poco utile, conviene riflettere su questo:
Se si entra in palestra e ci si affida a un personal trainer improvvisato, è probabile che i risultati non arrivino o addirittura che l’esperienza risulti controproducente. Ma non per questo si può affermare che “la palestra non serve”. È la modalità con cui si è svolta l’attività che fa la differenza, non lo strumento in sé.
Lo stesso vale per l’outdoor.
Quando manca una progettazione solida, una regia formativa esperta e un momento di restituzione ben guidato, l’esperienza rischia di rimanere fine a sé stessa. Ma quando questi elementi ci sono, i benefici sono evidenti.
Cosa può accadere davvero
• Team più compatti e capaci di affrontare insieme imprevisti e cambiamenti
• Comunicazione più fluida, spontanea e orientata alla soluzione
• Relazioni di fiducia che non si esauriscono con la fine dell’attività
• Figure di coordinamento più consapevoli delle dinamiche interne e più attente alle persone
Fuori dal comfort, dentro la crescita
In un contesto nuovo, lontano dalle consuetudini quotidiane, ciascuno è portato a mostrare lati di sé che in azienda restano nascosti. E proprio in quelle situazioni, spesso informali e non prevedibili, si attivano processi di apprendimento potentissimi.
Perché la verità è che le competenze relazionali, quelle che davvero fanno la differenza nei gruppi di lavoro, non si insegnano, si vivono. E l’outdoor, se ben condotto, crea proprio le condizioni per viverle intensamente.
Conclusione
La formazione outdoor non è una parentesi ludica, né un pretesto per uscire dall’ufficio. È uno strumento serio, strutturato, che richiede preparazione, esperienza e capacità di lettura delle dinamiche umane.
Quando c’è tutto questo, non si tratta solo di fare un’attività all’aperto: si costruiscono legami, si aprono nuove visioni, si potenziano gruppi di lavoro.
Le perdite di tempo non costruiscono niente. L’outdoor sì.
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